Trovai infatti, arrivando il 15 ottobre a Firenze, la situazione delle cose decisamente assai migliorata. Il ministero, in que' giorni, inclinava di bel nuovo agli ardimenti, e apriva i cordoni della borsa. Quando versai quel po' di denaro, che avevo raccolto con tanti stenti, vidi un sorriso di compassione errare su le labbra dei membri del comitato: nuotavano nell'oro; Luigi Cucchi, la sera stessa, portava a Roma trentasei mila lire. La serenità dei volti indicava poi, che si preparava ben altro. “Ah, se a Roma si decidessero a far presto!” udivo ripetere intorno
a me. Senza dubbio le azioni bancarie del comitato romano, in quell'ora erano al rialzo.
Conduceva le pratiche co' ministri il Crispi, l'agente principale, in Firenze, della cospirazione. Egli dirigeva, forte dell'autorità sua, le relazioni con i patrioti di Roma, con i capi delle bande, con i sottocomitati delle province. Sostenuto da una fede incrollabile, alimentava gli entusiasmi, abbatteva i disinganni, affrontava qualunque ostacolo con la energia del suo carattere. Giurava e sacramentava impossibile un nuovo sbarco de' francesi; e interpretando a modo suo le notizie di Roma, come aveva interpretate quelle di Sicilia al tempo della spedizione dei Mille, riusciva a trasfondere, anche nei più sfiduciati, gl'immutabili convincimenti del suo animo risoluto. Ai ministri non concedeva requie, strappando promesse, e impetrando, in mezzo ai loro continui tentennamenti fra le seduzioni del favore popolare e il timore di complicazioni estere, sussidi materiali e morali. A lui si doveva l'ultima favilla di audacia ministeriale, così vicina a spegnersi!
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