Cucchi, che vidi più tardi, calmo, come se avesse passata la nottata in un salotto, e non ai piedi della gradinata del Campidoglio, sotto le scariche della guardia rinforzata, spediva messi da per tutto, a fin di conoscere la sorte toccata ai Cairoli; ma in quei frangenti non era punto facile venir subito e pienamente a capo del vero.
Ma, compromessa nella sua stabilità dal peso enorme delle casse, nascoste sotto uno strato di carbone, la tartana incontrò ogni sorta di traversie, e più volte, per più giorni, la si credette perduta. Bisognò riparasse a Portoferraio, e scontarvi la quarantena del colèra, poi a Civitavecchia, donde un ordine imperioso di Cucchi l'obbligò a ripartire, nonostante l'infuriar del vento. Arrivata a Fiumicino dopo molto ritardo, e oltrepassata la dogana, mercè la connivenza delle guardie, la tartana risalì il Tevere sino a Tor di Valle, sotto San Paolo. Qui un certo Antonio Musetti, che ne aveva avuto incarico dalla giunta, impressionato alla vista di una pattuglia di gendarmi, la fece senz'altro approdare, ne sbarcò le casse, e le seppellì frettolosamente nella sabbia, contrariamente al mandato, che era quello di spinger la tartana sin nei pressi di Ripetta, donde i fucili sarebbero stati introdotti in città, per alcune brecce nelle mura di villa Medici. |