Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     CAPITOLO IX
     MENTANA
     (1867)

     In seguito agl'insuccessi del 22 ottobre, e ai truci fatti, che li seguirono, perduta ogni speranza d'introdurre in città le armi e ogni illusione sul passaggio del confine da parte dell'esercito, non era più possibile pensare a un tentativo di rivoluzione in Roma. Smessone per ciò il pensiero, Cucchi, che non si smarriva né si disanimava per nulla, rivolse ogni suo studio ed ogni opera sua ad assecondare le mosse de' volontari, che si aggiravano per l'Agro romano.
     Le probabilità di riescita di questo nuovo piano si erano grandemente accresciute, dacchè Garibaldi, deludendo la sorveglianza delle navi da guerra, e riapparendo a un tratto sul campo dell'azione, aveva ripreso il comando di tutti i corpi armati, e impresso loro un vigoroso impulso. A quell'annunzio anche in Roma si erano risollevati gli spiriti dei patrioti, depressi invece gli animi del governo e delle truppe pontificie. Cucchi aveva potuto, con raddoppiata energia, preparare gli elementi atti a coadiuvare un assalto eventuale alle mura, e stabilire corrispondenza regolare con Garibaldi, a fine di mantenersi reciprocamente informati. E io persisto tuttora a credere, che senza l'intervento dei francesi, non ostante le dimostrazioni di sicurezza, l'apparato guerresco di trincee e di batterie, la mostra di numerose pattuglie, che sempre percorrevano le vie, e le misure di rigore contro i cittadini, che dovevano perfino rincasare all'avemaria, la insurrezione, capitanata da Garibaldi, avrebbe trionfato, e il potere temporale sarebbe cascato come pera matura. E mi conferma in questa opinione il ricordo dello spettacolo, che offrirono a Guerzoni e a me le truppe papaline, uscite di città il mattino del 26 per attaccare i garibaldini a Monterotondo: le quali rientravano la sera per porta Pia senza ordini né comando, in parte senza fucili, malconce, demoralizzate, come se avessero subita una sconfitta, e il nemico fosse loro alla calcagna, mentre non avevano scambiato coi nostri che soli pochi colpi. Pranzammo quella sera con maggior appetito, e messici di buon umore, ci attardammo intorno alla mensa dell'albergo, divertendoci non poco per i commenti di una signora inglese, assai belloccia, che proclamava Garibaldi un galantuomo, a honest man, ma i Garibaldini, viceversa, tutti quanti fior di canaglia. Una opinione, cotesta, non affatto nuova, del resto, neppure nel nostro paese.


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Umberto