Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Facendoci camminare sino alle 11 di sera, Venanzio ci guidò, per Mentana e Monterotondo, a Castel Giubileo, ove fummo tosto introdotti da Garibaldi, che ascoltò attentamente il rapporto di Guerzoni; ci fece molte domande, lodò l'abnegazione del Cucchi, e finì col ritenere presso di sé, come segretario, il Guerzoni, impiegandolo subito a scriver proclami e ordini del giorno. Io mi confusi tra gli ufficiali del mio seguito, dei quali ricordo Paolo Fabrizi, oggi deputato al Parlamento per la Garfagnana, che spesso ancora mi ricorda di avermi accolto, allo scender di sella, con la offerta di una buona tazza di caffè; e, poco dopo, mi stesi a riposare sopra un giaciglio, mentre Stefano Canzio ci teneva desti con le sue interminabili chiacchiere in dialetto genovese, scoppiettanti di frizzi e di sarcasmi, che facevan ridere Alberto Mario sino alle lagrime.

     Rimasi addetto al quartier generale, disimpegnando però un servizio abbastanza libero, ed acconciandomi, la sera, or accanto al Missori, or presso la bella contessa, non dimentica della ospitalità avuta allo stato maggiore di Eber, ora finalmente insieme con mio padre, il quale pur questa volta non aveva saputo resistere alla tentazione di raggiungerci, ma che, in verità, poco tempo spendeva con me, essendo sempre sopraffatto dalle incombenze che volontariamente si assumeva. Appunto per correre incontro a mio padre, di cui a Monterotondo mi si segnalò l'arrivo, mancai di accompagnar Garibaldi nella ricognizione del giorno 30.
     Non fui sorpreso di trovare al campo due nuovi intransigenti, venuti da Milano il giorno innanzi, Bezzi e Bellisomi, perché immaginavo che non avrebbero alla lunga rinunciato a seguire il loro antico ed amato generale. Li salutai per ciò, sorridendo, e rammentando loro i nostri discorsi del 14. Essi allora mi raccontarono, che anche Garibaldi li aveva accolti con un ironico: “ah, siete qui bruschini!” Alludendo a Brusco Onnis, redattore dell'Unità Italiana, che personificava a Milano le idee del Mazzini. Mi soggiunsero di essere in piena regola con la coscienza, perché Mazzini stesso aveva diramate istruzioni ai correligionari, eccitandoli ad accorrere in massa sotto la bandiera di Garibaldi, sebbene inalberata nel nome di Vittorio Emanuele, e lasciando loro facoltà, una volta in Roma, di tentare ogni sforzo per far prevalere i principii repubblicani. E Bezzi mi confidò di aver letto a Garibaldi, per incarico del Mazzini, un brano di una sua lettera, in cui affermava: non esser vero, che si fosse opposto in Londra alla sottoscrizione aperta dal Ricciotti, a favore del movimento garibaldino; aver egli consigliato invece ai suoi amici di coadiuvare Garibaldi nella liberazione di Roma; mentire chi sosteneva il contrario. Questa lettera fu distrutta da Bezzi, quando egli cadde prigioniero de' papalini.


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Umberto