Mentre il Benici esponeva ciò al generale, e gli spossati suoi cavalli venivano governati nelle scuderie del castello, gli artiglieri garibaldini s'impossessarono delle bardature del nuovo arrivato, e, senz'altro, le posero addosso ai loro animali. Benici, un ardente siciliano, montò su tutte le furie, fermò la colonna in marcia, e tanto tempestò e sacrò, persino con Garibaldi, che riebbe i suoi arnesi, e potè invitar noi a seguirlo sui morbidi cuscini della sua carrozza.
Bezzi, appena fu tra coloro che facevano alle fucilate, messosi a capo di un manipolo, aiutò a sconfiggere i papalini, a prendere i pagliai, a munir villa Santucci. Soltanto dinanzi ai francesi, anch'egli travolto dall'onda, si tirò indietro; e fu allora, che avendo voluto, contro il consiglio di Fabrizi, salire sul ciglio della strada incassata, che li riparava, si ebbe le due cosce trapassate da una palla. Uno zuavo e un cacciatore francese, trovatolo a terra, prima lo spogliarono del denaro e de' gioielli, poi, vergognatisi, glieli ridonarono e lo trasportarono caritatevolmente ai pagliai, indi alla chiesa di Mentana, ove fu medicato da Bertani. L'aiutante di campo del generale Dumont gli usò poi ogni riguardo, sopratutto dopo aver saputo che il Bezzi era stato commilitone, durante il 66, del duca Guido Visconti, e di Augusto Verga, il giovine brillante e geniale, così a lungo ammirato nel mondo elegante di Milano, l'uno e l'altro ben conosciuti dal gentiluomo francese nell'inverno del 1859. Egli promise di annoverarlo fra i difensori del castello di Mentana, che avevano capitolato a patto di essere scortati al confine: e per indurre il Bezzi a lasciarsi menare all'ospedale in Roma, gli confermò la promessa in iscritto. |