T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Nello scoraggiamento mi veniva voglia d'abbandonare l'impresa, di scendere alla prima stazione, di tornare indietro. Ma proseguivo.
     Nel passare nei pressi di Maddaloni, vedevo, sulla strada maestra, una colonna di soldati dalle fiamme gialle, che marciava, al suono d'una fanfare, con andatura svelta e marziale. Attiravano quei soldati giovanissimi, spensierati ed allegri, la mia particolare attenzione. Scomparivano dalla vista, ma la loro visione rimaneva, stranamente, in fondo al mio animo.
     Il treno, frattanto, nel suo inesorabile andare, come quello del tempo, entrava fragoroso e fumante, nelle montagne del beneventano. A Benevento, nella città delle fiabesche streghe, giunti dopo mezzogiorno, vi era una lunga fermata. Non si ripartiva per la linea di Foggia che alla sera. Un signore che in treno, per la mia aria d'ingenuo ragazzo, s'era interessato di me, nell'attesa mi condusse con sé a visitare una nipote, collocata, a scopo educativo, in un istituto di suore. Vi era accolto, poiché spesso vi si recava, molto familiarmente. A tavola, nel consumare caffè e paste, vi si tenne un discorso concitato, molto velato, forse per la mia presenza, ma che io capivo benissimo, poiché non ero tanto ragazzo e tanto ingenuo, come potevo apparire. Nella notte era fuggita da quell'istituto, per avventura amorosa, una giovane suora. Nella lotta, che certamente s'era combattuta nell'intimo del suo animo, contro gli allettamenti dello spirito, avevano vinto i diritti più forti della materia. Ed aveva preso il volo.


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Umberto