T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Talvolta, seduto ai margini di quel bosco, mi dilettavo a provocare un'eco che ripeteva la mia voce e le mie parole con una chiarezza che impressionava.
     Altro mistero questa eco, che molto turbava il mio fanciullesco spirito.
     Ma anche a Tempera passava, inesorabilmente, il tempo.
     Passava il tempo, ma sempre in letizia, allora.
     Tra le feste, giungeva a noi sempre cara quella del Natale. Nei giorni che la precedevano, vedevamo la mamma molto affaccendata a preparare la tradizionale pasticceria. Concorrevamo anche noi, con la speranza di avere un qualche anticipo, in quel lavoro.
     Ma un'altra fatica avevamo in quei giorni, tutta nostra, quale era quella della preparazione della lettera, su carta infiorata, con l'aiuto della maestra, per gli auguri ai genitori. Lettera da mettersi, poi, di nascosto, prima di cena, tra le pieghe dei tovaglioli.

     Giunta l'ora della cena, ognuno prendeva posto attorno al tavolo. Noi pił piccoli, autori delle lettere, sorvegliavamo, con curiositą, le mosse dei genitori. Si sedevano anche loro, finalmente; si recitava la breve preghiera; prendevano, quindi, e spiegavano il tovagliolo; cadevano i messaggi augurali.
     Li aspettavano? Forse si. Ma per non deluderci, fingevano sorpresa, e ci premiavano.
     Cari dolci tempi!


     Avevo ormai nove anni, etą che, avvolta tuttavia d'innocenza, corre tra l'infanzia e l'adolescenza.
     Nella scuola mista di Tempera, ove pure insegnava una giovane maestra dell'Aquila, ero il primo della classe. Facevo onore alla maestra, quando il Direttore didattico o l'Ispettore, nelle loro visite, m'interrogavano. Possedevo buona memoria, forse anche intelligenza, certo molto amor proprio.


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Umberto