Quanto durasse il mistico colloquio non so precisarlo. Allorché mi mossi il sole piegava al tramonto. Qualche altro visitatore, giunto nel frattempo, aveva rivolta la sua attenzione su di me. Doveva meravigliarlo la presenza in quel recinto d'un forestiero. Nell'uscire una signora vestita di nero mi seguiva, mestamente, con lo sguardo. Chi era?
Nel ripassare da Giffoni rivedevo lassù, sul poggio vestito di verde, il convento di Sant'Antonio, considerato un giorno senza luce come un possibile mio rifugio. Rivedevo la chiesa di San Lorenzo, cara nei ricordi della mamma. Rivedevo ai Vassi la casa ducale della estinta famiglia dei Marotta, e lo stagno dove, in una lontana sera illuminata dalla luna, cantavano i ranocchi, mentre adolescente mi dolevo con il fratello Ciriaco del presente e fantasticando su l'avvenire.
Nel lasciare Giffoni, ove avevo vissuto con la mamma qualcuno dei teneri anni, dove forse non sarei più tornato, mi sentivo stringere penosamente il cuore. La storia degli Adamoli, nelle alterne vicende, era pur legata a quella contrada.
Rientravo a Teramo per continuare la vita di serenità, accanto alla buona compagna, santa come la mamma. Vi rientravo con molta malinconia, ma illuminato, per la gita, per la visita fatta, di nuova religiosa luce. In pellegrinaggio d'amore, verso la tomba della mamma, che tanto mi pungeva, era stato compiuto e potevo essere pago.
Ma nel raccoglimento della casa solitaria, accanto a colei che era ora tutta la mia vita, mentre il mondo era ancora in delirio, volli fare un'altra corsa, ma questa volta soltanto con la fantasia, come un riepilogo, nelle tappe del vivere. E nella fuga inesorabile del tempo, di vicenda in vicenda, andavo dalle rive tranquille del Vera alle rive del Tordino, spesso in furia per grosse piene. Andavo dalla strada calda di sole, alla strada aspra di scogli, livida di fredde ombre. Avanti ancora, dalla incosciente fanciullezza all'angustiata giovinezza; dalle veglie care di Rocciano alle veglie penose della casa di Giffoni Vallepiana; dal bimbo di Oria al giovane che si consumava sui libri nella reggia di Caserta; dall'imberbe ragazzo di Maddaloni all'ardito ufficiale di quota 1528 del Costesin, strenuo difensore dei diritti sacri della patria in armi.
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