T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Era sempre lą, la nuova amabile sirena, ad attendere. Entrai ed andammo, dolcemente, sotto il cielo stellato, nel canto della notte, lungo gli ombrosi viali, nella villa dai rossi ed azzurri salotti.


     Lasciai la bella italianissima cittą dopo un anno, per raggiungere Chieti.
     Contrasti eterni della vita!
     Prima di Chieti ero stato a Genova, e vi avevo provato, in ordine alla guerra, una delle pił forti delusioni.
     In ogni razza e in ogni etą vi sono i degeneri, quindi non potevano mancare neppure nella bella penisola. Degeneri che si rifugiavano, nell'ora degli ardimenti, con il capo coperto, nelle putridi cloache della viltą. Riuscivano alla luce, dopo la vittoria, non per esaltare, ma per deprimere gli eroi.
     Una domenica vedevo io stesso, dolorosamente, avanzare dalla parte di Sampierdarena, con luride insegne, con biechi baffi, con rauchi canti, una lunga colonna, costituita, appunto, dai peggiori rifiuti delle umane fognature.

     Dinanzi alle lapidi, ai monumenti, che ricordavano gloriose gesta, lanciavano, con i sassi, scomposti insulti. Qualche lapide, pił luminosa, era pure infranta, tra satanici applausi.
     Sciagurati! Non sapevano gli stolti che in Italia, terra di martiri, di santi, di eroi, finivano sempre di trionfare, con lo spirito, le sante idealitą.
     Dopo il breve smarrimento, i combattenti insorsero. Altre colonne ripercorsero l'Italia, con altra visione, con altre bandiere, con altri canti, per lavare l'onta, per riconsacrare la vittoria.
     Ed il milite Ignoto poteva salire, mentre tutte le campane d'Italia suonavano a festa, e tutte le bandiere sventolavano gioiosamente al vento, su l'Altare sacro della patria redenta. E si entrava nella nuova luce dell'impero.


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Umberto