Pezzenti! Poteva aver ragione. Guardando verso prua, di quello stesso piroscafo, si vedevano seduti, su i propri sacchi di cenci, i nostri emigranti, che appunto a primavera andavano a cercare oltre confine, colmi di miseria e di tristezza, pane e lavoro.
Pernottavo, in conseguenza di quel servizio, a regolare turno, ad Oria e a Campione d'Intelvi, caratteristico comune, circondato da ogni parte dal territorio elvetico, luogo di villeggiatura estivo per i milanesi.
Quantunque andassi perdendo, con la lanugine, l'infantilità, non riuscivo ancora a sottrarmi alla particolare altrui attenzione.
A Campione incontravo un'altra fresca giovinezza, nella studentessa milanese Antonietta Maffi, dal cuore acceso d'amoroso fuoco. Anche lei, dopo le prime conversazioni, mi ricercava, ansiosa, ovunque. Anche con lei facevo passeggiate sentimentali lungo il lago, su per le verdi colline, nel bosco di castagni.
Non ne era contenta altra studentessa, la quindicenne Sofia Boffa, figlia della signora che m'ospitava. Ne era gelosa, e lo dimostrava. Affinché non uscissi, nei giorni che rimanevo a Campione, questa cara giovanetta, orfana di padre, mi veniva a tenere compagnia nella stanza a me assegnata, ove portava il profumo della sua ingenuità, la gioia dei suoi teneri anni.
S'univano alle italiane, in queste manifestazioni del cuore, pure donne straniere. Questi idilli duravano, però, quanto durava il viaggio, sul mobile lago. Qualche stretta di mano più forte, qualche sorriso più vivo allo sbarco, qualche dolce espressione, e poi, quelle brune o bionde, secondo la stirpe, melanconicamente sparivano nel loro andare.
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