T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     L'ingrato destino non aveva voluto, neppure per un sol giorno, far rilucere uno squarcio di sereno sulla sua casa, sulla sua desolata grave etą.
     Ne restai fortemente addolorato, ed oggi ancora vi ripenso con mestizia.


     Nel servizio su i piroscafi si ripetevano, presso a poco, gli episodi del precedente anno. Rivedevo molti dei turisti, cortesi e scortesi, che come uccelli emigratori passavano dall'una all'altra regione, dall'uno all'altro continente. Non vi rivedevo la enigmatica donna, dalle forme perfette; ma vi rincontravo con nuovo fascino, le due principessine austriache, che per un mese villeggiavano, in un loro castello, nei pressi di Lugano. Nelle gite sul lago continuavano ad avvicinarsi a me con manifesti segni di simpatia; simpatia che non sfuggiva al personale del piroscafo, che vi facevano sopra scherzosi commenti. Ma io non vi facevo caso. Neppure per un momento, dinanzi a quelle luci, s'abbagliava il mio senno. Ognuno, dopo le facezie, seguiva, senza turbamento, la propria vita.

     A Campione si rinnovavano le graziose contese; ma per le maggiori doti ne usciva vittoriosa la quindicenne Sofia.
     Lasciavo Campione, per l'ultima volta, quando l'autunno gravava gią, con le nebbie, con l'umiditą, con la fitta uggiosa pioggerella su i monti, su le valli, sul lago. A Campione, per il ritorno in cittą o in collegio, non era rimasta nessuna delle mie gentili amiche. Rientravo pure io malinconicamente, dopo la festosa parentesi, nella freddezza della caserma.
     E riprendevo il servizio nel disagio, nei pericoli della montagna.


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Umberto