Infelice, ma non tanto, se la mancanza di senno, inalzandolo in un mondo fittizio, poteva in lui sopire le pene che sempre accompagnano la povera vita.
Dopo, riprendendo il cammino, scompariva, nelle ombre della sera, melanconicamente, sulla strada bianca, verso Teramo.
Nelle serene notti d'estate mi fermavo a rimirare, estatico, il cielo stellato, che io consideravo come una immensa volta, di una stanza gigantesca, cosparsa d'innumerevoli lumi accesi: stanza circolare, che posava, con le fondamenta, di là dai monti, dove per me tutto finiva.
Il sorgere della luna, dietro i colli avvolti d'ombre, mentre qua e là ululavano i cani e gridava l'allocco, me metteva in festa. La salutavo, e con me gli altri bambini, con canti, battendo le mani, come a persona, in cammino, per nostro conforto, lungo la volta celeste. Quando non appariva, in conseguenza delle sue fasi, pensavo che stesse a riposare, in una qualche vallata, dietro i monti.
Anche del sole, che qualche volta avevo visto uscire dal mare, le idee non erano molto diverse. Anche lui doveva riposare, durante la notte, dalle giornaliere fatiche. Usciva dalle acque, dopo il bagno, per la sua diuturna missione.
Felice santa ignoranza! Ma giova proprio all'uomo affaticarsi, tormentarsi tanto per svelare i segreti, di cui la natura è tanto gelosa? A che pro? Gli uomini della caverna, senza la nostra ansia, senza i nostri tormenti intellettuali e spirituali, dovevano essere di noi meno infelici.
Ma sino a qual punto le occulte universali forze saranno disposte a sopportare la prepotente umana sfida?
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