T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Tutt'intorno si muoveva, inoltre, una miriade di piccoli esseri viventi: grilli cantarini, farfalle dalle morbide tinte, che passavano, come le api, di fiore in fiore, per succhiarne il tenue profumo; libellule, in agitazione d'amore.
     Io, ragazzo, tutto, di quel piccolo poetico mondo, osservavo, ma anche tutto molestavo.
     Talvolta vedevo d'improvviso strisciare, in tanta pace, il muto serpe, fedele immagine dell'inganno in agguato.
     Vi era spesso in vista, nei fecondi campi, oltre il bifolco, con i pii buoi, la pastorella, placida come le pecore che pascolava.
     Quadretti deliziosi che nessun pittore avrebbe mai potuto riprodurre nella sua naturale poesia.
     Nel pomeriggio, d'estate, spesso a Rocciano andavo a tenere compagnia ad un calzolaio, che lavorava all'aperto, all'ombra d'un albero; lavorava in quell'aia, da cui si vedeva gił, sulla strada bianca, la casa della mamma, e vi si ammirava un magnifico panorama.

     Lavorava, quel maestro della lesina, senza le tante elucubrazioni, che fiaccano il fisico e turbano lo spirito delle menti dotte. Non aveva altra preoccupazione che quella d'accontentare la sua clientela. Al tramonto, sospesa ogni attivitą, rimaneva, in tranquillo riposo, dinanzi alla porta di casa sua, mentre i bambini giuocavano d'intorno, ed il fumo della pipa si disperdeva, a spira, nelle ombre della sera. Al suono dell'Avemaria si toglieva, devotamente, il cappello e si segnava. Alla domenica, in una fede mai scossa, andava a messa. Faceva, nei giorni di festa, una partita a boccia ed era felice.


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Umberto