T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Dovevano finire, di conseguenza, di aderire a quei maritaggi, se non volevano rimanere nell'afflitto stato monacale.


     Intanto, nelle nostre vicende, tornava dal servizio militare Ciriaco, con le migliori intenzioni. Ma quel piccolo mondo, quasi appartato, fuori delle vie di comunicazione, nulla offriva. Spesso, esaminando malinconicamente le nostre condizioni, ne parlavamo.
     Una sera del dolce settembre sedevamo fuori dell'abitato, sulla via di San Lorenzo, nelle vicinanze di uno stagno, chiamato pescheria, ove gracidavano, con lenta monotonia, i ranocchi. Era l'ora in cui l'animo è aperto, in modo particolare, agli intenerimenti, ai sogni. Nel mezzo del cielo terso e profondo, in uno scintillio di stelle, splendeva chiara e maestosa la luna. Non molto lontano, nella piazza dei Vassi, scrosciava, con fresca limpida acqua, la fontana del luogo. Noi, immersi nella bellezza dell'ora, nella poesia che saliva dalla terra, che discendeva dal cielo, restammo per qualche tempo muti.

     Si rompeva poi l'incanto, per considerare la non lieta nostra condizione, la giovinezza non confortata da nessuna promessa.
     Esaminata, conseguentemente, nei diversi aspetti la nostra situazione, determinammo di muoverci, di rompere l'indugio, di dare inizio alla nostra battaglia.
     Il cielo spesso aiuta, nelle loro imprese, gli audaci.
     In relazione a ciò, nei giorni successivi, andammo a Salerno, con molte liete speranze. Ponevamo molta fiducia nelle nostre doti fisiche, intellettuali, morali. Giungemmo a piedi nell'antica città di San Matteo, quando il giorno, dopo la notte, si riapriva alla vita. Alla periferia s'offrì alla nostra attenzione quel movimento di carri, di quadrupedi e di persone, consueto a tutte le città. Nel varcare la soglia, allora guardata dai gabellieri, udimmo da lontano, nel fresco mattino, il suono d'una musica, che marciava alla testa d'un reggimento, diretto, per esercitazione, verso la campagna. Più avanti, inoltrandoci verso il centro, ci apparì da una parte, solcato da variopinte vele, il mare azzurro, leggermente mosso. Qua e là, qualche bicicletta, qualche carrozza in corsa. Da una villetta, dalle rosse tinte, avvolta da giardino in fiore, si diffondeva il suono d'un pianoforte, che molto toccava il già nostro malinconico animo. Quale gentile spirito si scioglieva, alle prime luci, in tenera estasi? Angeliche dita, senza dubbio, dovevano essere quelle che rapivano all'aurora, che tenuamente svaniva sul mare, le occulte divine melodie.


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Umberto