T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Da un tal fatto capivo ancora meglio, che se vi sono su la terra innocue colombe, vi sono pure, forse in maggior numero, pronti a mordere, rettili velenosi.
     Nella stessa Oria m'era inflitta, poco dopo, altra mortificazione. E' bene, per la conoscenza degli uomini, dire tutto. Un maresciallo, un giorno, mi chiedeva conto dell'immaginaria scomparsa di dieci lire, dalla scrivania del suo ufficio, ove io non ero entrato.
     Dinanzi alla gravitą di quella domanda, fatta con tanta stolta leggerezza, mi sentii ghiacciare il sangue nelle vene. Per molti giorni, in un senso di morale annientamento, ne restai fortemente scosso, turbato. Non avevo neppure la forza, dinanzi a tale perfido sospetto, di ribellarmi, di gridare, di chiedere, in mio favore, l'intervento dei superiori.

     Io ladro! Ancora oggi, quando vi ripenso, fremo di sdegno.
     Intanto l'estate passava, ed i convenuti a Campione, con l'autunno, riprendevano la via per il ritorno alla normale vita. La buona Sofia rientrava nel collegio di Lugano.
     La gentile Antonietta mandava da Milano, ove anch'essa era tornata, la Farfalla o l'Amore illustrato, con scritti, in cui versava la sua passione, i lamenti, i sentimenti vivi del suo animo, per un amore senza speranza.


     Finito il servizio speciale, che durava dal primo maggio al trentuno ottobre, anch'io rientravo al normale servizio, non pił ad Oria, ma, per la particolare benevolenza del tenente Ezio Giovannini, e ne voglio, per gratitudine, fare il nome, a Porlezza, sede della tenenza e del collegio.


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Umberto