T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Prima di partire sentii forte la nostalgia di rivedere, per un momento, da vicino Oria, il bianco paesello che rimarrą, con le sue case, con il suo lago, con i suoi abitanti, scolpito nei miei ricordi come persona viva e cara.
     Non so perché vi volli andare, per l'ultimo saluto, a notte alta. Rirfeci, da Porlezza, quella strada, che tante volte avevo fatta, per recarmi a scuola, nel collegio arcivescovile. Attraversavo i paeselli, che incontravo lungo la strada, gią immersi nel silenzio, senza far rumore. Vi si vedeva qualche finestra illuminata ancora, e vi si udiva, qua e lą, dietro i recinti, nei pagliai, il ringhiare di qualche cane, molestato nel sonno leggerissimo.
     Giungevo ad Oria che l'orologio di Albogasio suonava la mezzanotte. Nei pressi della villa di Fogazzaro, oltre la piccola chiesa, sostai alquanto, per raccogliermi un po' nei miei pensieri, per ascoltare i palpiti del mio sensibile animo.

     Nella mite notte di maggio la luna illuminava, nella sua maestosa pienezza, dolcemente la sua madre terra. Le acque, nel lago calmissimo, s'udivano appena, nel loro lento frangersi sulla ghiaia, tra le barche in riposo. Lo scroscio della cascata di Rescia mi giungeva, in quel momento, con una voce nuova. Pareva che mi scrosciasse davvero nell'animo.
     Andai, poi, oltre, camminando con la leggerezza d'un gatto, nell'ombra delle case, che si proiettava sulla strada. Nessun incontro. Sostai pił avanti, nella piazzetta centrale, sotto la finestra di colei che m'aveva amato, che a quell'ora dormiva, forse sognava. In un certo momento, mentre salivo a lei, con un tacito madrigale, mi parve di veder muovere le imposte della sua cameretta. Illusione. Nessuna finestra, nella notte chiara, s'apriva al tacito cantore.


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Umberto