T. Col. Umberto Adamoli
NEL ROMANZO DELLA VITA (MEMORIE)


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     Ma pensavo, con sgomento al vasto programma che ivi si doveva svolgere, nella durata di due anni, per conseguire, dopo altri rigorosi esami, la promozione ad ufficiale.
     Furono i due anni di Caserta, senza notevoli avvenimenti, due anni di vera clausura. Le numerose materie da studiare, da quelle di cultura generale a quelle professionali, non consentivano tregua alcuna. Raccoglimento assoluto, come in un monastero. Dalle cinque del mattino, ora della sveglia, alle ventitré di sera, ora del silenzio, si rimaneva in continua faticosa attivitą. Gli intervalli, dall'una all'altra delle lezioni, impartite da severi professori, alcuni dell'universitą di Napoli, non erano che di cinque minuti. Le due ore di ricreazione, concesse verso sera, prima di cena, si dovevano pure dedicare, per una migliore preparazione, allo studio.

     Qualche volta s'usciva, con la mente stanca, nel vasto parco, anch'esso cinto da ogni parte, per ammirarvi le bellezze, di cui era ricco. Pareva veramente uscito dal genio acceso d'un fantasioso artista. Viali ampi, colmi di verde e di silenzio, nel centro; vialetti infiorati ai lati, con boschetti in fondo, che chiudevano i prati. Qualche rotonda, con aiuole, e qualche fontana di graziosa fattura; poi laghetti con cigni, deliziosi come sogni. Pił avanti, in fondo, nella collina, dopo altro ombroso viale, il regno delle cascate: regno della immaginosa mitologia, dell'alta poesia. Ninfe qua e lą, tritoni, gentili deitą d'amore: deitą dei boschi, dei prati, delle acque. Cascate su cascate, nel basso e nell'alto, con ampie vasche in verdi spazi: acque fresche dal lieve mormorio; acque spumeggianti, dalla bianchezza di neve, fragorose nel precipitare. Grotte ancora qua e lą, con armonico disordine: grotte dei venti, del silenzio, del mistero. Pareva di dover vedere uscire davvero da quelle grotte, da quelle acque, da quei boschi, le divine abitatrici.


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Umberto