Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Due forze, ancora una volta, si trovavano di fronte, con le loro alternative, le loro passioni: l'una, salendo dal regno oscuro del male, cercava d'avvolgere la vita con la potenza distruttiva di spiriti folli; l'altra, scendendo dalle musicali regioni di luce, si elevava, con l'angelica pietà, a valida generosa difesa.
     Anche qui a Teramo si costituivano, quindi, nel doloroso frangente, come santa milizia, forti schiere che nobilitavano sempre più, con l'efficace operosità, l'umana schiatta e la città generosissima.


     L'armistizio

     Cadeva su la città pretuziana, nelle strade senza luce, oscura la notte. Un improvviso chiasso, voci tumultuose, mi colpivano nell'ufficio, ove mi trovavo in raccolto lavoro. La notizia dell'armistizio conclusosi tra l'Italia e gli Anglo-Americani, giunta in quel momento, aveva indotto gli spensierati allegri studenti ad una rumorosa manifestazione di giubilo. Gli eventi precipitavano, evidentemente, con particolare rapidità.

     Si riteneva da molti che la guerra fosse ormai finita per noi; che i Tedeschi, dinanzi al fatto nuovo, si sarebbero ritirati con tutta fretta a difesa delle loro frontiere; che l'Italia sarebbe tornata libera e tranquilla al suo lavoro. Così generalmente si credeva e si faceva festa. Ma molti non erano ancora tranquilli. La data dell'otto settembre, certo storica, capovolgeva tutta una situazione, della quale non era possibile pel momento, prevedere le conseguenze.
     «Non si contrasti la ritirata, se i Tedeschi non useranno la violenza».


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Umberto