Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Vi erano figure del popolo lavoratore; ma vi erano anche, ridotte in santa povertà, persone che rappresentavano l'elevata categoria degli intellettuali, del clero, dei professionisti, degli industriali, dei proprietari. Anch'essi, che avevano guazzato nell'abbondanza, si dimostravano lieti di una minestra, per mangiare, di un po' di paglia, in un locale riscaldato, per dormire.
     L'uomo per fortuna finisce sempre per adattarsi rassegnato, alle crudeli burle, ai capricci del suo destino!
     «Parlate anche di noi, nelle vostre memorie, della nostra riconoscenza, della nostra grande gratitudine, che rimarrà sempre viva nei nostri animi».
     Così mi diceva una delle Signorine Zuccarini, la maggiore, nel ripartire, dopo la liberazione, per la sua Lanciano.

     Vi ricorderò, si, cara Signorina. Ma vi ricorderò nella bellezza della vostra modestia, nel pregio della vostra bontà. Con voi ricorderò tutta la vostra famiglia, nobile nella sua fede, forte nella sua rassegnazione. Ricorderò, in modo particolare, la squisita sensibilità del vostro mite genitore, che tutto si compiaceva, nelle sue visite ai locali di Piazza Muzi, per l'assistenza affettuosa, prodigata agli sfollati, suoi compagni di sventura. Vostro padre, che scosso soverchiamente, nel fisico e nel morale, non sapendo sopravvivere alle ultime dure vicende, rendeva qui la sua bella anima al cielo.

     Completavano la mia opera, come per gli sfollati di Napoli, i medici condotti, sempre presenti e pieni di premure nel vigilare sulla loro salute; i Vigili del fuoco, con il comandante Umberto Carpanelli, e le Guardie urbane, che si prodigavano in mille modi in loro favore; il personale tutto d'ufficio, di cucina, di refettorio, pronto a soddisfare, in tutte le ore, ogni richiesta, ogni loro desiderio.


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Umberto