A queste innocenti vittime di operazioni senza scopo, di una ferocia senza nome, si rendevano, a spese del comune, solenni funerali. Funerali di affettuosa pietà, che avvenivano, come una sfida, con largo concorso di popolo e di autorità, mentre roteavano in alto, minacciosi, i neri apparecchi della morte.
I Tedeschi, evidentemente, per sottrarsi a più gravi disastri, se ne andavano. Chi nella notte vegliava, poteva udire fuori, nella strada movimenti, rumori non consueti di carri, autocarri, quadrupedi. Nei giorni successivi, nei primi di giugno, ai carri militari seguivano carri agricoli, vetture di ogni specie, tirati da buoi, da cavalli, da muli, da asini, di cui la nostra campagna, le nostre fattorie, tutti i nostri villaggi erano stati depredati, spogliati. Carri colmi della roba più varia: dalla biancheria ai mobili; dai viveri agli utensili caserecci e campestri, tolti spietatamente al nostro lavoro, alla santità dei nostri affetti, al sacrario dei nostri familiari ricordi. |