Ad un certo momento il capitano prussiano, in relazione forse al suo piano, dava l'ordine di ripiegamento su Paranesi, per rientrare, nella sera stessa, a Teramo.
Nel frattempo un loro maggiore medico, non conoscendo i luoghi, si spingeva, in motocicletta, tra i partigiani, dai quali era fatto prigioniero.
Prima di lasciare la località, nonostante il nuovo intervento del Bologna, i Tedeschi disponevano per la fucilazione dei catturati. Cadevano così, sotto l'iniquo piombo, vittime di una propria fede, i giovani Mario Lanciaprima, Guido Palucci, Guido Belloni, Gabriele Melozzi e Luigi De Iacobis. Si salvavano, come per miracolo, Berardo Lanciaprima, che nello stesso momento in cui si faceva fuoco, sottraendosi alla raffica, si precipitava nel sottostante burrone, e Gennaro Di Berardino, che cadendo svenuto, senza essere stato colpito, era ritenuto morto e abbandonato.
Nei giorni che seguivano si presentava a me il Signor Arduino Correale per studiare insieme la possibilità di ricuperare, per condurle a Teramo, le salme insepolte dei caduti. Ma per allora, per ragioni complesse, con nostro rammarico, non si potè condurre a compimento il pietoso atto, come più tardi fu fatto per altri.
A Teramo consentivano al Bologna di rientrare in famiglia, ma sempre in istato d'arresto, quindi vigilato. Nel mattino successivo, avvertito dalla Prefettura che anche lui, secondo l'ordine del colonnello comandante della piazza dell'Aquila, doveva essere fucilato per intesa con i partigiani, in abito civile, riusciva abilmente ad allontanarsi, conducendo con sè la famiglia.
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