Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     In uno di quei giorni ero chiamato d'urgenza da quell'ottimo e colto Monsignore don Giovanni Muzi, decoro della Curia Aprutina, al quale era stata affidata, saggiamente, la direzione della ricca biblioteca Melchiorre Delfico.
     Anche quest'ottimo Monsignore, pur nel turbinio dei pericolosi eventi, fedele alla consegna, era rimasto, come un valoroso soldato, saldo al suo posto. Un tal fatto, senza dubbio, concorreva in modo notevole a salvare, dall'altrui rapacità, la bella biblioteca.
     Quando, invero, soldati tedeschi, dai locali del Liceo-Convitto, trasformato in Ospedaie, forzando una porta penetravano nel piano inferiore, certo per farvi bottino, si trovavano di fronte il forte custode di quel tesoro.
     Insieme ci recammo dal Direttore, il quale non poteva non piegarsi dinanzi alla serena figura del nostro sacerdote. La porta, per la quale i soldati erano entrati, si faceva rinchiudere, per maggiore sicurezza, in muratura; nei locali della biblioteca si metteva, bene in vista e scritta nella loro lingua, un'ordinanza di divieto per i Tedeschi di penetrarvi, comunque di produrvi danni. Ordinanza che, successivamente, era estesa al teatro romano e ad altri locali, che raccoglievano opere di artistico storico valore.


     Mi trovavo, un altro giorno, nel palazzo del Convitto, presso il Tribunale di guerra, che per la prima volta si riuniva a Teramo. Offriva, con il suo apparato, una certa solennità. I giudici militari sedevano già, nell'abituale rigida compostezza, nei loro seggi. Ad esaminarli non incoraggiavano, non facevano molto sperare per la sorte degli imputati, che se ne stavano silenziosamente a guardarli dai posti ad essi assegnati.


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Umberto