Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


Pagina 78
1-5- 10-15- 20-25- 30-35- 40-45- 50-55- 60-65- 70-75- 80-85- 90-95

[Indice]

     Avevo in quegli ultimi sforzi, per salvare la cittą, un buon collaboratore in un soldato austriaco, professore di belle arti nelle scuole di Vienna, che parlava speditamente l'italiano. Egli, che faceva da interprete, sapeva rendere il mio pensiero, al suo superiore, con molta abilitą, e mi era largo di notizie e di utili consigli. Spesso mi veniva a trovare in ufficio, per mettermi al corrente della situazione e dei provvedimenti che, in quel frangente, intendevano adottare i Tedeschi.
     Mi dispiace di non rammentarne il nome, per indicarlo alla riconoscenza cittadina. Ma posso additare alla riconoscenza, alla gratitudine dei teramani il nome di altro interprete, gią capitano distrettuale croato, dott. Zeliko Zijvanovic, noto pure alla Prefettura, il quale, con la sua esperienza e con spirito italiano, mi aiutava a superare, nella sfibrante mortale fatica, le molte gravi difficoltą.

     Ma il giorno dopo di quel colloquio, altro incidente risvegliava le ire e i contrasti. Per mio ordine era stata ripulita la cittą di tutti i manifesti, di ogni genere, che la imbrattavano. Il fatto semplice in sč, non era sfuggito all'attenzione di quel Comando. Quando la sera di quello stesso giorno accompagnavo il vice prefetto Giuseppe Labisi ed il Vicario Generale della Curia monsignor don Lorenzo Di Paolo, presente il capitano Carlo Canger, per invocare la grazia a favore di quattro condannati a morte, provenienti dalla provincia di Pescara, quel capitano ne parlava con molto sdegno, giudicando l'atto prematuro, inopportuno.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]

Umberto