Nella città in subbuglio ed in panico, intanto, tra il rumore delle armi, si chiudevano negozi, uffici, istituti, case. La fuga verso la campagna, verso i luoghi più sicuri, con ogni mezzo, diveniva sempre più larga, viva, affannosa. Pareva come se si fuggisse, con le cose più care, da una città colpita dal morbo, da una città maledetta.
Parlavano, invece, in termini molto vivaci, del momento che si viveva, degli ultimi avvenimenti, dell'armistizio. Requisitoria, quindi, contro l'Italia, contro i suoi uomini di governo. Non comprendevo, e ne ero mortificato, perché, dopo tante polemiche, tante accuse e tante difese, da parte di uomini responsabili, si ripetessero a me, modesto amministratore di un modesto comune, anche se capoluogo di provincia, le loro acide rampogne. Quel preambolo serviva ad attenuare, a giustificare la gravità di altra richiesta, in parte già rivolta alla Prefettura. Richiesta terribile, che riguardava, appunto, le bande della montagna; che riguardava Teramo, in cui quelle bande erano state organizzate, come essi affermavano, da cui quelle bande erano partite per operare ai loro danni. |