Queste ed altre cose dicevo con ansia, con forza, con passione, ma senza riuscire a commuovere, a smuovere quei tre, che apparivano sempre più fermi, sempre più inflessibili nelle loro determinazioni. La natura teutonica assumeva in essi, specialmente nel loquace tenente dagli occhi vitrei e dal sorriso spento, in funzione di inquisitore, il carattere sempre più forte di durezza, di crudeltà.
Suonava l'avemaria. Il maggiore, nella melanconia della sera, mi guardava, i tenenti mi guardavano, in attesa di quella assicurazione che essi attendevano, che io non potevo, non volevo dare. Il silenzio, che ne seguiva, era rotto dal solito tenente, il quale, in un mefistofelico sorriso, parlava ancora. Diceva che essi non potevano rinunciare a quella richiesta, imposta dalle leggi di guerra, di cui dovevano rendere rigorosamente conto. In quanto alle persone da consegnare, se io proprio lo desiderassi, potevano consentire, non la rinuncia, ma la sostituzione. Al posto dei cento cittadini potevo dare, ad esempio, cento ribelli della montagna. Avrei in tal modo reso, secondo loro, un doppio servizio alla buona causa. |