Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     Di natura impulsiva, dinanzi alle contrarietà, era talvolta indotto a compiere atti, che forse non trovavano corrispondenza nella sua indole, nel fondo del suo animo non cattivo. Talvolta offeso nei suoi principi e nella sua sensibilità, pareva che volesse fucilare tutti, ma non fucilava nessuno. Ordinava, inoltre, arresti con la stessa facilità, con cui dava poi agli arrestati la loro libertà.
     Faceva anche, nei comuni ritenuti ribelli, spedizioni armate, magari con molto chiasso, ma con limitatissimi danni, che poi largamente risarciva. Amava molto il popolo, con il quale volentieri parlava, sostenendone i bisogni e le ragioni.
     Non tollerava i Tedeschi, e con essi spesso litigava, e ne biasimava la condotta di soprusi e di violenza.
     Di spirito fortemente nazionalista ed imperialista, era molto sensibile alla grandezza ed all'onore d'Italia.

     Un giorno, dopo una comparsa all'Ente comunale d'assistenza, che frequentemente visitava e ne ammirava, con animo commosso, il benefico funzionamento, partiva da Teramo, senza farvi più ritorno.


     Scintille in fuoco spento

     Mentre si svolgevano tali avvenimenti, il prof. Mario Morricone, uomo di onesto sentire e di lettere, sollecitato da Roma, determinava di riattivare, secondo il nuovo concetto, la Federazione dei Fasci di Combattimento. Era per lui, anima semplice e buona, una quistione, forse, di coscienza e d'onore rispondere all'invito, quando, nel generale smarrimento, tutti fuggivano. Le autorità, però, in un momento tanto confuso, non vedevano di buon occhio tale rinascita, ma con i Tedeschi in casa, per ragioni di prudenza, non ne parlavano.


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Umberto