Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     La notte cadeva calma su la pretuziana città. Nel silenzio che seguiva, ognuno pareva colpito dalla meravigliosa offerta; ognuno pareva assorto profondamente nei suoi pensieri. Pareva che, nella commozione, non vi potessero essere più parole per nessuno. Dopo un raccoglimento, come di stupore, i Tedeschi si alzavano con una mossa, con una espressione come se dicessero: «L'offerta è bella. Sta bene. Ne prendiamo atto», ed uscivano.
     Lassù, alla montagna, il cannone tuonava ancora.
     Confidavo la drammatica conversazione al mio bravo fido Gino Di Francesco, con particolare raccomandazione di non parlare. Ne rendevo consapevole anche il Prefetto, che viveva, nella grande confusione, nel più vivo orgasmo.
     Più tardi rientravo nella mia casa, senza nulla raccontare, fiero di me e della mia offerta, in serena attesa della mia ultima ora.

     Da quel momento mi sentivo in uno stato di serena beatitudine, come se il mio animo, liberato da tutte le umane passioni, aleggiasse, purificato, nel più puro dei cieli, nella più mistica delle luci. Dopo quella offerta mi sentivo, con una nuova eroica forza, come invaso dallo spirito di coloro che, con le loro azioni nobilissime, avevano fatto risplendere su la terra un caldo raggio di divinità.
     Rivivevo come nella trincea di sangue, nella visione luminosa e cara della Patria, per la quale si combatteva e si moriva.
     Non vi erano più forze, in quello stato di grazia, che mi potessero scuotere dalla mia ferrea determinazione, santificata dall'idea del più nobile sacrificio. La provvidenza avrebbe assistito, nel doloroso momento, se giungeva, la mia buona fedele compagna.


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Umberto