Umberto Adamoli
NEL TURBINIO D'UNA TEMPESTA
(DALLE PAGINE DEL MIO DIARIO. 1943/1944)


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     In un certo momento il colonnello, un super decorato, fatti disporre per tre i presenti, nella grande sala, li faceva poi sfilare, come in una rivista, al passo da noi chiamato romano, al comando di altro ufficiale superiore, dinanzi al suo tavolo, sul quale egli era, impettito e con il braccio teso.
     Nessuno dei nostri ufficiali, anche il meno serio, si sarebbe così comportato. Un'altra stranezza dell'umana natura, che faceva pure pensare.
     Poi con soldati tedeschi e con soldati della milizia, si formavano due separati gruppi. Ogni gruppo, successivamente, si alternava in canti della guerra e in canti della patria. Appartenevano i soldati tedeschi a truppa scelta; scelti anche essi erano i nostri, per la loro prestanza fisica, per il giovanile entusiasmo, per la svegliata intelligenza, per il forte spirito militare e nazionale.

     Dal canto che saliva da quei due gruppi, forte nelle parole, nel significato, nell'ardore, si capiva il tormento patriottico, da cui erano agitati. Pareva di assistere ad una delle più nobili tenzoni, con le armi affilate sul campo di battaglia. I nostri magnifici giovani, nel ribattere, con romano spirito, i forti teutonici, riaffermavano la loro appartenenza ad una gloriosa razza, di gloriosa storia.
     Certo, tutto con quei giovani si sarebbe potuto osare, come si era osato, per altre conquiste. Invece ben altro, al loro onore e al loro ardore, era per allora riservato.
     Bella santa gioventù nostra, uccisa, travolta, dispersa, nella torbida tragedia, quando e da chi sarà a noi restituita?


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Umberto