Mi intrattenevo a lungo, per confortare, con la mia presenza e con la mia parola, quegli ospiti eccezionali, nella loro afflizione.
Vi tornavo il giorno dopo, nell'ora della messa celebrata nei loro stessi locali, dal cappellano don Francesco Di Pietro. Ed assistevo al pranzo confezionato con particolare cura, e ai giuochi del pomeriggio, preparati specialmente per i bambini, da gentili Signore.
Partecipavano alla festa anche gli Ebrei, che non credevano alla venuta del Messia; ma credevano, come affermavano, con il vecchio testamento, allo stesso Dio dei Cristiani, e ne veneravano, nelle sinagoghe, la eterna grandezza.
Vi potevano, quindi, rimanere, per godere anch'essi i benefici della festa santa, e la bella musica delle pastorali, trasmessa dalla radio.
La neve nella tempesta
Si chiudeva l'anno dalle molte vicende e dalle molte inquietudini, senza un raggio di luce, senza promesse.
Il 1944, che sorgeva, si salutava alla mezzanotte melanconicamente, mentre fuori infuriava una forte bufera di vento e di neve. Sembrava che anche la natura volesse partecipare, con le sue potenti forze occulte, al delirio del mondo. Nel giorno dopo si accertavano, sotto un bianco manto, danni gravissimi ovunque. Molti i tetti crollati, sotto alcuni dei quali, come nell'Ospizio di mendicità, vi erano anche morti; gli stessi pali di ferro del telegrafo, del telefono, della luce elettrica erano stati piegati, spezzati. Neppure la robustezza degli alberi secolari aveva potuto resistere a tanta violenza. Nei pubblici giardini pareva che vi si fosse combattuta, con armi potenti, una furiosa battaglia.
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