«28 gennaio. — Vivo e cerco di apprendere in ogni suo particolare la vita militare. È realmente vero che la vita militare, ben vissuta, tempra il carattere e sveglia nella maggioranza l'intelligenza, la volontà, l'energia... La disciplina, l'ordine, il rispetto, l'attività, ecco le forze vive che bisogna mettere in opera».
«1° febbraio. — Voglio ricordare ancora un aneddoto insignificante. Un sottotenente che mi aveva sempre trattato col tu Soldatesco (che certo non mi offende), oggi mi è venuto incontro e mi ha chiesto se io sono realmente il fratello di Benito Mussolini. Ho risposto affermativamente ed egli mi ha stretto calorosamente la mano complimentandomi. Noto nei miei superiori un certo interessamento a mio riguardo. Indubbiamente è l'effetto della mia buona volontà di soldato. Infatti io credo — e lo ripeto nuovamente — credo di essere il più attivo soldato della mia compagnia».
Il giornale prosegue sino alla metà di febbraio. Arnaldo è destinato alla scuola allievi ufficiali di Caserta, dove giunge il 7 febbraio e dove trova molti amici come Federici di Milano, Luganesi di Cervia, Ovidi di Forlì.
Quanto tempo sia rimasto a Caserta non so dire, ma il due maggio del 1918, egli era alla scuola di Fanteria di Parma e nell'aula N. 14 dettava con una lettera ai suoi cari le sue ultime volontà nel caso «che io debba perire in questa guerra di liberazione e di redenzione».
Della sua partecipazione alla guerra nell'ultima fase, Arnaldo parlava pochissimo. Ho chiesto a un Capitano della Brigata Potenza, qualche notizia in proposito. Così egli mi ha scritto:
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