Benito Mussolini
Vita di Arnaldo


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Il giornalista e lo scrittore

     Quando alla fine d'ottobre del 1922 consegnai la direzione del Popolo d'Italia ad Arnaldo, egli, come giornalista, era quasi uno sconosciuto. Il numero del 1° novembre del Popolo d'Italia pubblicava in grassetto:
     «Da oggi la direzione del Popolo d'Italia è affidata ad Arnaldo Mussolini. Ringrazio e saluto con cuore fraterno, redattori, collaboratori, corrispondenti, impiegati, operai, tutti insomma coloro che hanno lavorato assiduamente e fedelmente con me per la vita di questo giornale e per le fortune della Patria».
     Seguiva in corsivo:
     «Mio fratello — con gesto di grande bontà — ha voluto affidarmi l'alto onore di dirigere il suo giornale Il Popolo d'Italia. Non mi nascondo la gravità del compito affidatomi, ma, come sempre, obbedisco.
     «Confido nella valida cooperazione e nella provata devozione di tutti i redattori, collaboratori e dipendenti, per rendere meno difficile l'opera mia.
     Arnaldo Mussolini».

     Così io lasciavo il giornale da me creato e che io amavo sino alla passione, perché era nato nella miseria e nella calunnia, perché aveva convogliato verso l'intervento le masse più diverse del popolo italiano, perché durante la guerra — specie dopo l'ottobre del 1917 — era stato la fiamma della speranza per milioni di combattenti e di italiani.
     La mia eredità era — lo posso affermare senza i falsi pudori delle false modestie — pesante per chiunque, anche per un giornalista già provato e per due motivi principalissimi. In primo luogo io avevo impresso al giornale, attraverso migliaia di articoli, di titoli, di trafiletti, di disegni da me inspirati, un carattere polemico, aggressivo, di continua battaglia. Confesso che questo è uno dei dati, fondamentali del mio temperamento, che oggi si esprime in altri campi, per polemiche e battaglie di più vasta portata. Io avevo abituato qualche centinaio di migliaia di Italiani — durante nove anni — alla mia prosa, la quale è figlia naturale e legittima del mio temperamento: quindi una prosa personalissima, che io non ho mai potuto mascherare, né con pseudonimi, né con altri spedienti. Il mio modo di scrivere era a sua volta il risultato di dieci anni almeno di battaglie giornalistiche precedenti. In Svizzera, in Austria, a Forlì, a Oneglia, a Milano — in giornali, in settimanali, in riviste — quando fui «qualcuno» nei movimenti socialisti italiani prima che la guerra li avviasse al tramonto.