Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Mi dice anche che ieri sera, sull'imbrunire, un romeno si è arreso. Ma non è stato possibile interrogarlo, per mancanza di interprete.
     Mattinata di sole pallido. Due Caproni, scortati da un Nieuport, volteggiano su di noi. I cannoni urlano già la loro canzone di morte. Moltissime granate austriache di piccolo calibro che cadono presso la nostra seconda linea, non scoppiano. Ne abbiamo contate otto. Pomeriggio di sole. È il bel tempo che torna?

     29 Dicembre
     Notte agitata. Stamani, una nebbia bassa nasconde allo sguardo il lago e la pianura di Doberdò. Nel cielo è una nuvolaglia grigia che il sole non riesce a disperdere. L'aspetto dei miei commilitoni dopo la permanenza nella trincea carsica, comincia ad essere lamentevole.
     Ci sono alcuni casi sospetti di gastro-enterite all'8a compagnia. La compagnia ha ricevuto l'ordine di allontanarsi. Si credeva che ci precedesse nell'andata a riposo.
     Ecco: piuttosto che morire in un lazzaretto di colerosi, preferisco di essere sbrindellato in cento pezzi da un proiettile da 305.
     Oggi i cannoni austriaci hanno buttato qua e là i soliti colpi innocui. Si sbadiglia. Chi per noia, chi per appetito. Questa è la guerra dell'immobilità.
     Voci del gergo guerresco:
     benzina = vino;
     lampione = fiasco di vino.

     30 Dicembre.
     Tempo accidioso ed insidioso, da colera. Difatti il bacillo virgola deve aver fatto la sua comparsa, a giudicare dalle misure igieniche che si stanno prendendo. Tutto l'accampamento è bianco di calce, che vien gettata fra i baracconi, senza risparmio.